Sspd: produrre energia solare nello spazio

Sspd

Quanta energia solare potremmo produrre se la raccogliessimo direttamente nello spazio? E come potremmo fare, poi, a riportarla qui sulla Terra? Sspd (Space Solar Power Demonstrator) è un prototipo di fotovoltaico spaziale sviluppato dall’Università Caltech. Scopriamolo insieme.

Sspd torna sulla Terra dopo la sua prima missione

Si chiama Sspd-1 il prototipo di fotovoltaico realizzato da un team di scienziati del California Institute of Technology (Caltech). L’idea è quella di creare energia a zero emissioni proveniente da collettori solari spaziali, utilizzabili nel prossimo futuro.

Sspd
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La Caltech sta studiando un modo per rendere quest’idea realtà e per questa ragione ha mandato nello spazio Sspd, il primo prototipo il cui compito era raccogliere tutti i dati e le informazioni necessarie per i suoi successori.

La missione è durata un anno e si è da poco conclusa. Sspd è tornato a Terra con il suo carico di informazione che ora gli scienziati stanno provvedendo ad esaminare.

Lo Space Solar Power Demonstrator ha trascorso un anno in orbita terrestre. Durante il suo anno di missione ha condotto diversi esperimenti per testare la tecnologia del fotovoltaico spaziale.

I dati e le informazioni raccolte durante la missione

Come dicevamo gli scienziati stanno ora esaminando tutte le informazioni e i dati raccolti da Sspd durante la sua missione. Secondo il rettore dell’Università Caltech i dati saranno fondamentali per rendere possibile in un prossimo futuro la produzione di energia solare spaziale.

Saremo in grado di produrre energia solare nello spazio?

Secondo gli scienziati della Caltech sì, saremo in grado di produrre energia solare nello spazio. Per far ciò avremo bisogno di grandi centrali fotovoltaiche, che si estenderanno per chilometri e che si comporranno da una serie di moduli diversi collegati tra di loro. Nello stesso modo in cui è stata costruita la Stazione Spaziale Internazionale.

Dolce: il pannello fotovoltaico di Sspd

Tra i test effettuati durante la missione di Sspd c’è stato il dispiegamento e il funzionamento di Dolce il pannello fotovoltaico realizzato appositamente per questo scopo.

Sspd
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Il suo utilizzo è già stato un grande risultato, ma esistono già pannelli solari spaziali, utilizzati per alimentare la Stazione Spaziale, le sonde e i lander spaziali.

La differenza è che l’energia accumulata da Dolce non viene utilizzata per alimentare Sspd, ma viene immagazzinata con lo scopo di essere spedita a Terra.

Dolce ha riscontrato alcuni problemi durante la fase di test. Un cavo di uno dei suoi bracci si è danneggiato, ma cercando di risolvere il problema, gli scienziati hanno anche scoperto che il sistema era in grado di funzionare molto meglio se, oltre a utilizzare l’energia che proveniva direttamente dal Sole, utilizzava anche quella riflessa dalla Terra.

Gli scienziati dovevano capire quale tecnologia esistente dava il meglio di sé nello spazio. Per far ciò sono stati installati 32 diversi tipi di cellule fotovoltaiche. Gli scienziati stanno ora studiando quale di questi è stato il più efficiente.

Maple: i trasmettitori di energia di Sspd

Come dicevamo, però, raccogliere energia non era il fulcro della missione. Siamo già in grado di raccogliere energia solare nello spazio e utilizzarlo nello spazio stesso.

Quello che non sappiamo fare è spedire quella stessa energia sulla Terra. Per capire come possiamo fare ciò gli scienziati hanno equipaggiato Sspd con Maple, un trasmettitore di energia.

Maple si compone, in realtà, di una serie di piccoli trasmettitori di energia a infrarossi. Essi possono trasmettere l’energia solare in modalità wireless sulla Terra. Gli scienziati hanno testato i limiti del sistema e hanno riscontrato delle oscillazioni nel sistema di trasmissione.

Siamo ancora lontani (ma non troppo) dalla possibilità di utilizzare l’energia solare spaziale per alimentare strutture terrestri, ma ad oggi, questo scenario non ci sembra più così fantascientifico.

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